giovedì 25 marzo 2010

Per tutti gli appassionati

Chi non ha mai sentito parlare dell' Attacco di Panico? Il male del nuovo millennio, che miete sempre più vittime- giovani soprattutto-, lasciando uno strascico di ansia perenne e bruciando risorse enormi di serotonina. Questo, a grandi linee. Nel dettaglio si potrebbero elencare innumerevoli sintomi e cause, senza comunque riuscire a dare pace a chi ne soffre. Perchè non sarà doloroso, è vero, ma è comunque un impedimento, perchè, nei casi più gravi, ostacola il vivere normale, limita gesti e azioni... regala follia e incomprensione.
A questo "ospite indesiderato" la parmigianissima Franca Tragni, ha dedicato uno spettacolo. Lei, che di panico ne soffre da anni, ha deciso di prendere questa "bestia" al guinzaglio e di portarla in scena, per mostrarla agli spettatori. Un bel gesto di coraggio e uno splendido modo di spiegare che cosa si prova quando arriva un attacco... di passione.
Attacchi di passione -questo appunto il titolo della mise en scene- sdrammatizza la faccenda, la rende per certi aspetti comica e, nello stesso tempo, si dimostra una terapia d'urto; per l'attrice, che parlandone si libera, in qualche modo, dal male, ma anche e soprattutto per chi conosce da vicino gli attacchi di panico e può sentirsi così meno solo, arrivando addirittura a riderci su.

Attacchi di Passione, stasera al Teatro al Parco, ore 20.30, ingresso gratuito.

Attacchi di Passione
di e con Franca Tragni
luci Erika Borella
collaborazione drammaturgica voce e regia Carlo Ferrari

Un'anima messa a nudo sul palcoscenico, il racconto tragicomico di vent'anni di convivenza con un male oscuro, ossessivo a cui non si riesce a dare un nome: esaurimento nervoso, un po' d'ansia o forse l'ef fetto incontrollato di qualche sostanza stupefacente, magari anche quella leggera depressione dovuta allo sconvolgimento ormonale da pillola anticoncezionale: sono solo goffi tentativi. Attacchi di passione è la storia autobiografica tenera e disperata di una donna che è diventata attrice perché non ce la faceva più a stare intrappolata nei posti centrali della quarta fila di platea, a cui mancava il respiro quando viaggiava sola in treno. È il racconto vero e toccante dei tentativi, delle prove, della fatica, della raccolta spasmodica delle energie per cercare una soluzione, per farsi capire, per condividere la sofferenza.

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Era una serata languida di inizio autunno, pizza e birra con gli amici, cinema e ritorno a casa. Avevo diciott’anni e la testa piena di sogni matti…
Era il 30 settembre 1984, quando la bestia venne a cercarmi e mi trovò. La bestia…il mio primo attacco di panico…
“Attacco di che?”
“Attacco di panico.”
“Ma che cosa vuoi che sia!”
Questo è il racconto tragicomico di vent’anni di convivenza forzata con un ospite che speri si fermi solo per qualche giorno e che invece, subdolamente, prende possesso dei tuoi spazi…dei tuoi pensieri…del tuo respiro…
Non so bene perché ho scelto di raccontarvi questo, me lo sto chiedendo solo a cose fatte. Forse per togliermi un peso, sicuramente per condividere l’esperienza con tutti voi, viandanti spaventati nella notte dal dio Pan! Per azzerare la distanza e lenire l’anima, per ridere insieme dei goffi tentativi di nascondersi e scrollarsi di dosso il buio.
Franca Tragni
Recensioni:
Tantissimo pubblico, una calda, vivace partecipazione, lunghi applausi per Franca Tragni che si espone in scena raccontando di disagi, sofferenze, paure, sapendo anche far ridere, lo sguardo aperto e ferito, ma anche vigile e combattivo, una continua altalena di stati d'animo, di sentimenti. Perché quello smarrimento assoluto, la voglia di nascondersi, le ansie che moltiplicano il desiderio di fuga, di rifugio, è sempre pronto a tornare: questa almeno la condizione di chi soffre di attacchi di panico, una continua insicurezza per la possibilità di stare ancora male all'improvviso, trovandosi senza difese… Molto brava Franca Tragni a creare con lo sguardo sospeso le incertezze di riflessione, le domande retoriche, situazioni buffe, di cui si ride subito, ma senza che si dimentichi il disagio, il profondo malessere… (Gazzetta di Parma – 18 marzo 2006 – Valeria Ottolenghi)

venerdì 5 marzo 2010

Questo è Teatro




Ancora tre serate per assistere ad una grande lezione di Teatro. Quella di Giancarlo "Lallo" Ilari, protagonista unico dell'opera beckettiana L'ultimo nastro di Krapp, sotto la regia di Massimiliano Farau. Un uomo spettinato in una stanza buia "ascolta" il suo passato. Un monologo scandito da silenzio alternato ad un'unica registrazione, in cui parla un Krapp trentanovenne "sano come un pesce", un Krapp giovane che decide di dare il suo addio all'amore. Quello che vediamo, o che spiamo, forse, dalla cornice nera del pubblico è un uomo vecchio, che fa i conti con se stesso; che si da del "coglione", che sbuffa, brontola, rabbrividisce, si alza, si siede, che sta zitto mentre la voce di un "io" giovane esce dal registratore. Un uomo che si fa prendere dalla rabbia del rimpianto e dopo avere messo in ordine le scatole di latta contenenti le preziosissime bobine, le lancia per terra: scaglia la sua storia contro il pavimento. Perchè quello che c'è adesso, quello che resta di Krapp, è ciò che il pubblico vede "abusivamente", è la goffaggine di un corpo stanco che abbraccia il registratore e lo guarda, con gli occhi lucidi. L'eloquenza muta che si realizza nei gesti, nelle espressioni. Un silenzio che non annoia, un silenzio che si riempie delle parole di "un altro", niente più che una voce, incastrata in un nastro. E Krapp si alza, si siede, manda avanti e indietro il nastro in modo compulsivo, si lascia commuovere e arrabbiare e deludere dal fantasma di cui solo la voce possiamo percepire.
Sempre quel corpo pesante che ritorna a "marcare il territorio" dei drammi di uno dei più grandi e difficili drammaturghi del nostro tempo.
Spara allo stomaco e alla gola, quest'opera, è da "metabolizzare", da osservare ma con delicatezza. Perchè ci sono età per tutto, e anche per questo dramma. Per gli occhi giovani che poco riescono a immaginare cosa sia la "felicità perduta"; e per gli occhi adulti, che possono forse riconoscersi in uno sguardo triste, testimone di sbagli e rimpianti intrappolati in una bobina o più semplicemente nella memoria.
F.L.

L'ultimo nastro di Krapp - dal 10 febbraio al 7 marzo - Teatro Due, Parma

Link:

- www.teatrodue.org (sul sito del teatro è possibile trovare tutte le informazioni relative alla stagione 09/10 ma anche la scheda di L'ultimo nastro di Krapp, accompagnata da un video dello spettacolo)

- http://parma.repubblica.it/multimedia/home/22919122/1/5 (Video-intervista brevissima al protagonista Ilari, uno dei mostri sacri del nostro teatro. Un ritratto abbozzato ma estremamente dolce, malinconico, autoironico. Trovate i link ad altre video-interviste a "Lallo" Ilari )

giovedì 4 marzo 2010

Per i giovani fotografi...con gusto!

Ecco una bella occasione per tutti i giovani fotografi. Avete presente le famose amarene Toschi? Toschi, una delle aziende più importanti a livello italiano per quel che riguarda l'agroalimentare, compie quest'anno 65 anni e per festeggiare ha deciso, in collaborazione con Artegiovane (la più grande galleria virtuale di giovani artisti in Italia), di lanciare un concorso on line intitolato It looks good avendo come tema per la sua prima edizione "Gustosa è la vita".
Quindi: avete tra i 18 e i 40 anni? Tirate fuori le macchine fotografiche dalle custodie oppure iniziate a scartabellare nei vostri hard disk e trovate l' immagine da spedire. Perchè gustosa è la vita, certo, ma gustosissimo è anche il premio. Per i primi tre classificati infatti è prevista una giornata con il fotografo Franco Fontana mentre il vincitore si porterà a casa anche 1500 euro. Partecipare è gratuito e molto semplice, basta collegarsi al sito www.itlooksgood.it e compilare il form di adesione, lì troverete tutti i dettagli, oltre che il bando completo. Mi raccomando, avete ancora 2 mesi di tempo, potete iscrivervi fino al 10 maggio!

Links:

- www.itlooksgood.it (il sito internet del concorso, completo di tutti i dettagli)

- www.artegiovane.it (la galleria on line più importante d'Italia dedicata ai giovani artisti, ora anche una delle community di riferimento a livello mondiale per l'arte contemporanea)

- www.toschi.it (nata nel 1945 è oggi una delle più importanti aziende d'Italia; partendo dalla produzione delle amarene sotto spirito, ha ampliato negli anni la gamma dei prodotti)

Le ragioni della memoria, le ragioni dell'oblio


Questo il titolo del libro di Giacomo Gatti, anche lui comparso sul numero di dicembre-gennaio di UA. Per riassumere: Giacomo, classe 1981, è laureato in Filosofia e ha da poco pubblicato la sua prima opera. Si tratta di un saggio in cui viene spiegato come la memoria e il suo contrario si trasformano nel corso del tempo, dalla nascita della filosofia alla rivoluzione informatica.
Il libro, edito da Limina Mentis Editore, sarà presto nelle librerie di Parma e in occasione dell'uscita, appunto, verrà presentato venerdì 19 marzo alle 21 presso il Parco Nevicati di Collecchio. La presentazione, aperta a chiunque sia interessato, prevede l'intervento del dott. Roberto Baldini-membro della Società Filosofica Italiana- oltre che dell'autore Giacomo Gatti.

- http://liminamentis.com/ (qui potrete trovare informazioni su Giacomo e sul suo libro)

martedì 2 marzo 2010

1+1= two



Sul numero di dicembre-gennaio scorso abbiamo parlato di Marcella, una fotografa parmigiana iscritta al circuito Boulevart. Adesso Marcella- Marcy- sta lavorando a un progetto tanto semplice quanto particolare. Facciamo un passo indietro. Un pomeriggio di febbraio mi è arrivata una mail:

ciao,
vi mando questa mail per chiedervi un favore.
sto preparando un progetto fotografico personale, che si chiamerà "Two".
sto cercando coppie, che siano coppie anche nella vita reale, possibilmente un pò particolari, e soprattutto tutte o quasi di Parma, disposte a farsi fare un ritratto mezzo busto a petto nudo (ovviamente per le ragazze che non se la sentono, si possono coprire con mani o capelli), uno di fianco all'altro...
Marcy

Quindi ieri è stato il mio turno e, tra macchine fotografiche, pareti colorate, vino rosso e film di fantascienza Marcy mi ha spiegato qualcosa in più di questo progetto.
Two, come la semplicità dell'essere in coppia. Facile? Non proprio. Mettersi a nudo, quando si è in due, è difficile, sia fisicamente che mentalmente. E questo è proprio il bersaglio su cui lei ha voluto sparare: trovare il coraggio di mettersi a nudo, rappresentare l'essenzialità dell'amore, immortalare l'1+1 più naturale del mondo. Tra uno scatto e l'altro, tra incontri fotografici ritagliati nei momenti più assurdi, le coppie raccontate stanno raggiungendo la ventina. Ovviamente le foto sono tutte uguali. Lui a sinistra, lei a destra; le ragazze inaspettatamente pudiche e quindi coperte; nessuna espressione, sguardo fisso alla macchina fotografica. Le coppie tutte così diverse. Quelli alti, quelli bassi, quelli tatuati, quelli che stanno insieme da una vita e quelli che no. Marcy col corpo femminile ha avuto a che fare spesso -"è così bello e espressivo", disse a suo tempo nell'intervista su Ultimo Appello- ma il corpo maschile è invece, fotograficamente, un'incognita. E allora ecco una bella occasione per iniziare a immortalarlo, nell'universo noto della donna; ecco che entra nell'obiettivo anche l'uomo, in tutta la sua semplicità anatomica.

Links (il www dei nomi nominati nel post):

-www.boulevartparma.it (Il nuovo progetto della casa editrice Edicta e del Comune di Parma per valorizzare e concretizzare la creatività giovane)

- http://www.flickr.com/photos/mercimissmarcy/ (Dopo averne letto, immagino sarete curiosi. Qui potrete trovare quasi tutte le foto di Marcy... ovviamente quelle di Two sono ancora top secret!)

- http://www.ultimoappello.it/archivio_sfogliatore/dicembre_gennaio2009/Default.html (Pdf del numero di dicembre-gennaio di Ultimo Appello, sui cui potete trovare l'intervista a Marcy e ad altri artisti iscritti a Boulevart, oltre a tanti altri contenuti)

lunedì 1 marzo 2010

Buongiorno al web


Ecco. Doveva succedere prima o poi di "convertirsi" dal cartaceo al virtuale.
Noi- pluralis maiestatis- siamo un giornale. Siamo un free press. Siamo un bimestrale. Siamo, o almeno vorremmo essere, l' "anima" degli universitari e dei giovani parmigiani. Parliamo di loro e con loro. Raccontiamo cose, fotografiamo persone.
Ecco, a grandi linee, quello che Ultimo Appello fa.
Un giorno nella testa -anti-web, sociopatica ma comunque e soprattutto il contrario di tutto ciò- della redattrice è balenata l'idea di fare un blog. Perchè ormai ce l'hanno un po' tutti, è vero, ma un giornale si costruisce di parole, pensieri, frasi stampate e lettere volatili. Raccogliere tutto in 64 pagine è a volte impossibile. Quindi, informalmente, eccoci sbarcati nell'etere, dove abitiamo tutti.

Per inaugurare, voglio pubblicare un regalo. è stata la prima volta che un lettore ci ha mandato qualcosa, ed è stata la prima volta, quindi, che ci siamo resi conto di avere reazioni alle nostre azioni.

E se fosse la vita ad essere un carnevale?

Tra coriandoli e stelle filanti, anche quest’anno, il carnevale se ne va; una tradizione ultracentenaria che alcuni di noi iniziano a non sentire più, eppure non capita spesso di vedere Robin Hood, Batman, Cenerentola, mago Merlino, … per un giorno personaggi di fumetti e cartoni animati prendono vita tra le strade del nostro paese, per un giorno anche loro esistono e per un giorno anche noi possiamo essere degli eroi. Maschere, trucco, parrucche, qualsiasi cosa pur di non farsi riconoscere; sarà il caffè senza zucchero, il pacchetto di Chesterfield che fumiamo solo noi o il tatuaggio che spunta maldestramente dalla maschera, a parlare chiaro. In fondo siamo fatti per essere noi stessi e anche la maschera che portiamo ogni giorno prima o poi cadrà svelando quello che realmente siamo, le nostre idee, i nostri limiti, i nostri amori e i nostri ideali. Forse basterebbe togliere quella maschera per essere irriconoscibili, rinunciare a tutte quelle parti di noi che in realtà di noi non sono ma che così ci vogliono far credere. Quanti sarebbero in grado di riconoscerci se ci vestissimo da noi stessi? Amici, parenti, fidanzate, forse nemmeno loro riuscirebbero a riconoscere chi si cela dietro alla maschera che sole, vento, acqua, giorno dopo giorno, hanno scolpito sul nostro volto. Una maschera che forse è qualcosa di più di un semplice travestimento di carnevale, ci permette di vivere e ogni giorno la indossiamo un po’ per scelta un po’ per obbligo. Ma possiamo fare a meno di questa maschera? In questa maschera ci siamo noi, con noi è cresciuta, cambiata, quando si è rotta l’abbiamo ricucita; è da dietro i suoi buchi che osserviamo e viviamo il mondo ed è dentro quella maschera che soffochiamo noi stessi. Schopenhauer parlava di un mondo nascosto dietro ad un velo, non so se conoscesse il carnevale ma a questo punto viene spontaneo chiedermi, e se fosse la vita ad essere un carnevale?

(Federico Vaienti, Università di Parma)