giovedì 25 marzo 2010
Per tutti gli appassionati
venerdì 5 marzo 2010
Questo è Teatro
Ancora tre serate per assistere ad una grande lezione di Teatro. Quella di Giancarlo "Lallo" Ilari, protagonista unico dell'opera beckettiana L'ultimo nastro di Krapp, sotto la regia di Massimiliano Farau. Un uomo spettinato in una stanza buia "ascolta" il suo passato. Un monologo scandito da silenzio alternato ad un'unica registrazione, in cui parla un Krapp trentanovenne "sano come un pesce", un Krapp giovane che decide di dare il suo addio all'amore. Quello che vediamo, o che spiamo, forse, dalla cornice nera del pubblico è un uomo vecchio, che fa i conti con se stesso; che si da del "coglione", che sbuffa, brontola, rabbrividisce, si alza, si siede, che sta zitto mentre la voce di un "io" giovane esce dal registratore. Un uomo che si fa prendere dalla rabbia del rimpianto e dopo avere messo in ordine le scatole di latta contenenti le preziosissime bobine, le lancia per terra: scaglia la sua storia contro il pavimento. Perchè quello che c'è adesso, quello che resta di Krapp, è ciò che il pubblico vede "abusivamente", è la goffaggine di un corpo stanco che abbraccia il registratore e lo guarda, con gli occhi lucidi. L'eloquenza muta che si realizza nei gesti, nelle espressioni. Un silenzio che non annoia, un silenzio che si riempie delle parole di "un altro", niente più che una voce, incastrata in un nastro. E Krapp si alza, si siede, manda avanti e indietro il nastro in modo compulsivo, si lascia commuovere e arrabbiare e deludere dal fantasma di cui solo la voce possiamo percepire.
giovedì 4 marzo 2010
Per i giovani fotografi...con gusto!
Le ragioni della memoria, le ragioni dell'oblio
Questo il titolo del libro di Giacomo Gatti, anche lui comparso sul numero di dicembre-gennaio di UA. Per riassumere: Giacomo, classe 1981, è laureato in Filosofia e ha da poco pubblicato la sua prima opera. Si tratta di un saggio in cui viene spiegato come la memoria e il suo contrario si trasformano nel corso del tempo, dalla nascita della filosofia alla rivoluzione informatica.
martedì 2 marzo 2010
1+1= two
Sul numero di dicembre-gennaio scorso abbiamo parlato di Marcella, una fotografa parmigiana iscritta al circuito Boulevart. Adesso Marcella- Marcy- sta lavorando a un progetto tanto semplice quanto particolare. Facciamo un passo indietro. Un pomeriggio di febbraio mi è arrivata una mail:
vi mando questa mail per chiedervi un favore.
sto preparando un progetto fotografico personale, che si chiamerà "Two".
sto cercando coppie, che siano coppie anche nella vita reale, possibilmente un pò particolari, e soprattutto tutte o quasi di Parma, disposte a farsi fare un ritratto mezzo busto a petto nudo (ovviamente per le ragazze che non se la sentono, si possono coprire con mani o capelli), uno di fianco all'altro...
lunedì 1 marzo 2010
Buongiorno al web
Ecco. Doveva succedere prima o poi di "convertirsi" dal cartaceo al virtuale.
E se fosse la vita ad essere un carnevale?
Tra coriandoli e stelle filanti, anche quest’anno, il carnevale se ne va; una tradizione ultracentenaria che alcuni di noi iniziano a non sentire più, eppure non capita spesso di vedere Robin Hood, Batman, Cenerentola, mago Merlino, … per un giorno personaggi di fumetti e cartoni animati prendono vita tra le strade del nostro paese, per un giorno anche loro esistono e per un giorno anche noi possiamo essere degli eroi. Maschere, trucco, parrucche, qualsiasi cosa pur di non farsi riconoscere; sarà il caffè senza zucchero, il pacchetto di Chesterfield che fumiamo solo noi o il tatuaggio che spunta maldestramente dalla maschera, a parlare chiaro. In fondo siamo fatti per essere noi stessi e anche la maschera che portiamo ogni giorno prima o poi cadrà svelando quello che realmente siamo, le nostre idee, i nostri limiti, i nostri amori e i nostri ideali. Forse basterebbe togliere quella maschera per essere irriconoscibili, rinunciare a tutte quelle parti di noi che in realtà di noi non sono ma che così ci vogliono far credere. Quanti sarebbero in grado di riconoscerci se ci vestissimo da noi stessi? Amici, parenti, fidanzate, forse nemmeno loro riuscirebbero a riconoscere chi si cela dietro alla maschera che sole, vento, acqua, giorno dopo giorno, hanno scolpito sul nostro volto. Una maschera che forse è qualcosa di più di un semplice travestimento di carnevale, ci permette di vivere e ogni giorno la indossiamo un po’ per scelta un po’ per obbligo. Ma possiamo fare a meno di questa maschera? In questa maschera ci siamo noi, con noi è cresciuta, cambiata, quando si è rotta l’abbiamo ricucita; è da dietro i suoi buchi che osserviamo e viviamo il mondo ed è dentro quella maschera che soffochiamo noi stessi. Schopenhauer parlava di un mondo nascosto dietro ad un velo, non so se conoscesse il carnevale ma a questo punto viene spontaneo chiedermi, e se fosse la vita ad essere un carnevale?
(Federico Vaienti, Università di Parma)